Ed eccomi, di ritorno dalla migliore trasferta romana da quando mi sono trasferito. Forse per la prima volta percepisco della nostalgia, una specie di morsa, lieve, che mi ricorda a quale terra io appartenga, nonostante la mia ‘apolidicità’ ( si scriverà così?)

Ieri gli Aquatarkus si sono esibiti live (dopo 4 anni circa), dimostrando comunque che la capacità di portare a casa un concerto evitando figure di merda e anzi raccogliendo pure diversi consensi non si è persa. Si è suonato dignitosamente, e si è di nuovo fatta chiarezza su quale sia la Tribute Band di ELP più degna, in Italia e forse in Europa. Tocca vedere America e Asia, ma – pur temendo le capacità paranoidi dei nipponici si turno (c’è sempre un giapponese che fa le cose meglio di te), stiamo comunque al top. Per quanto mi riguarda, a detta di molti gli sforzi profusi per la preparazione a questo concerto (la dieta, la palestra, l’esercizio quotidiano sullo strumento, le prove condotte con tigna e serietà) hanno pagato. Eddài, ogni tanto fa bene crogiolarsi in un minimo di autostima, specialmente al culmine di un periodo di grande investimento personale in un obiettivo, per quanto stupido possa sembrare. Pure se ci si è scherniti fino all’ultimo. Pure se prendersi sul serio suona al nostro trio quasi come una bestemmia creativa.

Grazie a tutti coloro i quali mi hanno fatto sentire a casa, era davvero tanto che non mi capitava. Grazie ai ragazzi, che alla fine della fiera ancora credono in questo mezzo batterista, a proprio agio solo in questi repertori da malato mentale; grazie a tutti quelli che ieri c’erano, e che mi hanno fatto sentire la loro presenza. Grazie a Moneti, che è venuta e mi ha dato una bella carica, sarà sempre così.

Grazie – soprattutto – a chi si è trovato al Planet per caso, è invece di scappare a gambe levate è rimasto, dando un senso profondo agli sforzi che dal 1992 noi Aquatarkus profondiamo nella musica di ELP. Grazie davvero. Ci si vede, prima o poi.