Una considerazione a margine dell’articol(acci)o di Sara Menafra e Riccardo Tagliapietra sul Messaggero di ieri (http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/scontri_olimpico_napoletani_laziali_genny_carogna_de_santis_pistola/notizie/670980.shtml).
Come chi mi legge e frequenta sa benissimo, fondo la mia esistenza sull’Antifascismo militante, e per me l’unico fascio buono è quello morto. Quindi, la mia critica ai due giornalisti è assolutamente nel merito, e non viziata da preconcetti o pregiudizi di alcun tipo, anzi.
Sento di dover prendere le distanze da Paolo Signorelli il quale, dalle frequenze di RadioSei, afferma che “una giornalista che scrive per il Manifesto e che ha pubblicato un libro sulle Fosse Ardeatine non può che avere la Nord come nemica”. Non è vero, e non dovrebbe essere vero in un paese normale. Legare tifo e politica in un vincolo di interdipendenza è una castroneria talmente grave che si commenta da sè. L’abbracciare una squadra piuttosto che un’altra appartiene ad una sfera individuale ed emozionale, la politica è partecipazione civile, calcolo e scelta consapevole e meditata, e appartiene alla sfera pubblica dell’uomo. Ribadisco la mia critica al pezzo in allegato (obliquo, insinuante ed esempio di giornalismo becero, non sostenuto da notizie importanti, e accusatorio nei confronti di una tifoseria che – da Varsavia alla contestazione – ha dato solo lezioni di civiltà), e devo sottolineare con forza che il tifo della Lazio è una cosa, e lo schieramento politico un’altra. Io, uomo di sinistra, sto con la Nord per la contestazione alla dirigenza, per la battaglia contro le ingiustizie di Varsavia, e vado fiero di loro quando li sento cantare a voce piena negli stadi di tutta Europa. Tuttavia NON STAVO CON LA NORD quando impediva di esporre striscioni contrari alla loro linea. Scegliere una parte politica è un diritto, mischiare i piani politico e di appartenenza sportiva è un delirio, ed è largamente motivo dello stato in cui versano calcio e politica di questo paese. Al netto di qualsiasi strumentalizzazione politica e premesso tutto ciò, DEVO concordare con la Voce nel condannare l’ennesimo esempio di pressappochismo giornalistico, che vuole il tifoso laziale “cattivo e fascista”, ficcandolo nella cronaca spesso forzosamente, e invito per l’ennesima volta la categoria dei giornalisti a fare ciò che è richiesto dal loro mestiere, cioè usare le parole con criterio. Mi sanguina il cuore ad appoggiare chi mi è tanto lontano politicamente, ma preferisco appoggiare un avversario piuttosto che un “alleato” cialtrone. Dare del fascista ad ogni tifoso laziale offende la logica, prima ancora che il tifoso. È come quelli che dicono che “i cinesi sono fatti così”: un miliardo e mezzo di persone NON POSSONO essere fatte tutte allo stesso modo. Sentirlo dire mentre sto in coda dal barbiere è una cosa, leggerlo su un giornale nazionale è un’altra. Chi scrive ha una responsabilità sociale, oltre a quella economica di vendere il più possibile; le due cose devono essere armonizzate, onde evitare il dilagare della cialtroneria da un lato, e una mala educazione al senso critico dall’altro.
Attenzione alta.