Prescindiamo da Brno? Beh, fino a un certo punto. Anzitutto, mi serve per tenere il filo dei giorni passati con Moneti, e poi non è stata affatto da buttar via. ma andiamo con ordine.

Moneti si palesa alla stazione centrale, dove io la raccatto fuori e in ritardo (lieve), poiché preso dalla preparazione della cena a sorpresa, della quale menu vedi foto sotto (non è un errore, la frase mi piaceva proprio scritta così):

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Siccome a Sunka le sorprese piacciono, ed è arrivata devastata – causa sbronza della sera prima e viaggio solitario – la cena scivola via piacevole e serena. Minuscolo. La maiuscola crolla sul letto alle 11:00, senza assaggiare il secondo, e avrà un sussulto di vitalità per i botti, per poi spegnersi definitivamente alle 12:20, dandomi il tempo di fare la cucina e assaporare un tempo placido che è la chiave dell’eternità.

Il giorno dopo, vengo svegliato dagli ululati della signora, che – udite udite – ha portato la neve a Brno (mancava da tre anni). Tutto è imbiancato, fa un freddo che te schioppa, ma l’aria è davvero natalizia. Si decide di andare a fare un giro, e usciamo tra i fiocchi. Passeggiate puntinate di Moravian Punch, orrende piadine di KFC, birre memorabili. Poi si torna a casa, intirizziti ma soddisfatti. Il giorno seguente, 2 gennaio, è la volta dello shopping compulsivo e di Star Wars in lingua originale. Monègher mi ha aspettato per vederlo insieme. Carino, meglio del ritorno dello Jedi (che è ‘na cazzata) ma peggio di tutti gli altri. Acquistate due belle magliette di cotone per il maschio, due completi intimi e un pigama per la femmina.

Al ritorno a casa, ci aspettano le accanite a stecca. Sì signori, perché il sottoscritto vanta un biliardo a casa, prontamente adocchiato dalla biscazziera e consumato a forza di partite.  Poi una cena al ristorante, e l’insano proposito: ‘nnamo a Vienna! Cotta e magnata. Trovato albergo cheap (27€ per una posizione piuttosto centrale: stanza calda e pulita con cesso. Che vuoi di più?) e fissato per due notti: il 5 partiremo alle 9, dormiremo lì, poi il 6 notte io partirò, lasciando l’esploratrice lì, in vista della partenza del giorno seguente. Un piano da campioni.

Certo, qualche incognita c’è: l’hotel è sconsigliato da Tripadvisor, ma Moneti se ne fotte, dimostrando con candore che sono tutte cazzate, e che in realtà uno deve andare alla ventura e sperimentare sulla propria pelle. Non è stata la prima volta, e non sarà l’ultima. Sta di fatto che dopo un’ora e mezza circa di viaggio piuttosto confortevole -siamo piazzati sulla fila di coda del pullman, come i criminali del liceo – arriviamo nella capitale Asburgica. Mentre inneggio all’Italia unita, a Verdi, a Maroncelli e Pellico, al Piave, a Cesare Battisti, all’Irridentismo tridentino e straparlo di vittorie mutilate e di oppressori, Moneti fa il biglietto 48h  per entrambi, e ci prendiamo un pausa caffè nel centro commerciale dell’Austria-Wien per decidere la rotta. Alla cieca (con la ‘i’ e come sempre). Cominciamo a prendere confidenza con la lettera “U”, che ci accompagnerà per i prossimi due giorni. Ci si raccapezza in poco tempo: difatti ci si trova in un hotel – forse più un ostello –  spartano, ma collegato benissimo, pulito, riscaldatissimo ed essenziale, a 14 euro a cranio senza colazione,ciaociao, Tripadvisor. Dopo la piacevole sorpresa, ci rifiondiamo per la freddissima città asburgica: prima facciamo un po’ di spesa (anche panini per il giorno seguente)  e poi  andiamo al Prater, il quale ha i tre quarti delle attrazioni chiuse per freddo. Poco male: a noi due cose interessano, la Ruota Panoramica e la caverna della paura:

 

 

Purtroppo il panorama è offuscato dal tempo di neve, ma, da ragazzini che siamo, ci divertiamo come pazzi. Moneti nel tunnel dell’orrore pare una scimmia urlatrice, e io rido come una iena. All’uscita, passeggiata a caso, con visita alla chiesa di S. Carlo durante la messa delle 18 (botta di culo, perché è l’unico modo per non pagare, ma lo scopriamo solo dopo, quando cerchiamo di capire dove siamo stati):

 

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Stremati, prendiamo la circolare e giriamo un pochino seduti, guardando la città attraverso i finestrini, e fermandoci solo per cenare ad un indiano che si chiama Goa ma che offre solo piati dell’India del Nord. Magnamo come sprocedati (specialmente SunKa) e poi prendiamo il tram, intirizziti, per finire in albergo. Prima giornata bella piena, un sonno ristoratore ci porterà ad un domani migliore.

E infatti.

La colazione è più o meno viennese. Nel senso che il caffé è espresso, la torta è asburgica e la location pare Parigina.

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Dopo colazione, e pausa d’obbligo in albergo, ci fiondiamo al Belvedere, dove ci aspettano tre mostre, una più bella dell’altra. Nel senso che la mostra sulle donne di Klimt, Schiele e Kokoschka è più bella di quella pur bella su Gerhart Frankl, che è incommensurabilmente più bella dell’allestimento dedicato all’amico di Fontana Bischoffausen, con i suoi buchi nella tela e le opere da appartamento radical anni sessanta/settanta. Almeno secondo i miei gusti, e anche secondo quelli di Moneti, che notoriamente sono spesso diversi dai miei. Sta di fatto che tra quadri, mostre, palazzo storico e varie ed eventuali, passiamo la quasi totalità della mattinata al Belvedere.

 

 

Ne usciamo rinfrancati nello spirito ma mortificati nel corpo, anche a causa della borsa con panini e portacenere di alabastro detenuta da Monègher, per cui decidiamo per una pausa ristoratrice. Dove, non c’è manco da chiederlo.

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-piccola e gradevole nota a margine-

Trovare il posto è stato reso più facile da una coppia di attempati italiani, conosciuti alla fermata del tram e omaggiati da parte nostra dei biglietti (non sfruttati, causa tempo tiranno) per la torre sul Danubio, acquistati incautamente insieme a quelli della ruota panoramica. Loro contenti, noi – se possibile – di più, poiché consci di aver bene impiegato i nostri soldi.

La serata volge al termine, e noi ne approfittiamo per fare un po’ di struscio lungo le vie centrali, belle e piene di DinDinDin:

Prima di tornare in albergo per preparare i miei bagagli e poi cenare al Geko, ristorante carino proprio sotto casa. Sui saluti e sul viaggio di ritorno; sulle considerazioni sulla vacanza, caro Etere, mi perdonerai se manterrò un po’ di riserbo. Sono questioni private.